E’ il tumore più frequente negli uomini, ne colpisce uno ogni 20 fra i 50 ed i 69 anni e rappresenta il 20% di tutte le diagnosi di cancro nell’uomo. Ogni anno, in Europa, si verificano 90.000 decessi per tumore della prostata, in Italia circa 8.000 con 42.000 nuove diagnosi. Da un meeting, alla presenza di specialisti di fama internazionale - svoltosi lo scorso Ottobre a Roma - è emerso che l’uso della misurazione del PSA per la diagnosi precoce del tumore della prostata, sebbene sia penalizzato da trattamenti derivanti da “sovra diagnosi”, cioè diagnosi di “tumore della prostata” in uomini che potrebbero non presentare sintomi clinici della malattia per il resto della vita, rimane comunque la “porta di entrata” nel percorso diagnostico terapeutico.
Ad affermarlo è stato Richard J. Ablin dell’University of Arizona College of Medicine, scopritore del PSA, che ha sottolineato anche l’importanza di un attento impiego del test nel contesto di una valutazione clinica globale. Il tumore della prostata – ha spiegato Richard J. Ablin: “E’ una malattia estremamente eterogenea per gravità di decorso clinico. L’esatto inquadramento clinico può risultare difficile, anche perché non sono ancora disponibili criteri convalidati. Il dosaggio del PSA, è quindi ancora oggi un esame necessario per la diagnosi precoce della neoplasia, purché sia impiegato nel contesto di una valutazione clinica corretta e per stabilire una stretta collaborazione medico-paziente”.
Le cause che determinano lo sviluppo di questo tipo di tumore non sono conosciute, ma è stata accertata una predisposizione genetica ereditaria. L’età avanzata (l’80% degli uomini anziani ha cellule tumorali nella prostata), è la causa principale di rischio. A differenza della maggior parte delle neoplasie, sembra che per questa malattia la familiarità sia un fattore di rischio marginale, meno del 15%. Mentre alcune abitudini alimentari, come il consumo elevato di carne e latticini e una dieta ricca di calcio, siano fattori predisponenti. Al contrario il consumo di frutta e verdure in generale e, in particolare, un costante consumo di pomodoro intero maturo, specialmente se cotto e combinato con i polifenoli delle olive, è capace di contrastare l’insorgenza del tumore.
Una dieta povera di grassi animali, ma soprattutto di alcolici e una costante attività fisica costituiscono gli elementi essenziali per mantenere integra la ghiandola prostatica. E non solo per la prevenzione del tumore, che ormai rappresenta lo spauracchio per la maggior parte degli uomini dopo i 50 anni, ma anche e soprattutto per non aggravare le infiammazioni della prostata (prostatiti), causate da batteri che arrivano alla ghiandola attraverso l’uretra, per lo più dall’esterno, o presenti nelle urine. I sintomi caratteristici di questa malattia sono: dolore testicolare mono o bilaterale, pesantezza dolorosa del perineo (zona compresa tra scroto e ano) fino alla sensazione occasionale di trafittura bruciante; senso di corpo estraneo nell’ano o nel retto. Una patologia che interessa più frequentemente i giovani con difficoltà a mantenere addirittura la posizione seduta. Un corretto stile vita è dunque necessario in quanto sarebbero proprio le modificazioni indotte dalle persistenza delle infiammazioni e quindi dalla loro cronicizzazione, con il concorso degli estrogeni e androgeni, a favorire lo sviluppo dell’adenoma e dei disturbi della minzione, ma anche un pericolo per il tumore. Insomma, sembra che l’alimentazione rappresenti il principale fattore ambientale in grado di influenzare la crescita e la progressione del tumore della prostata. Nei Paesi asiatici, dove la dieta è ricca di proteine vegetali, ortaggi, e proteine di soia, ma povera di proteine e di grassi di origine animale, c’è una bassa incidenza di tumore alla prostata.
“Tra i regimi dietetici consigliati dalla comunità scientifica per contrastare l’insorgenza di neoplasie – sottolinea Vincenzo Fogliano - Professore di Chimica degli Alimenti presso l’Università Federico II di Napoli e Direttore del Food Quality & Design Group dell’University of Wageningen in Olanda - hanno ampio consenso quelli che includono il costante consumo di pomodoro. Un recente studio condotto su circa 14.000 pazienti, ha dimostrato che consumando almeno 10 porzioni (1 porzione di circa 100 gr.) di pomodoro cotto la settimana si registra una diminuzione del rischio di sviluppo di carcinoma prostatico del 20-25%.” “Oltre ai carotenoidi - chiarisce Fogliano - noti micronutrienti benefici del pomodoro, stanno assumendo un ruolo di primaria importanza le chetosamine, potentissimi antiossidanti presenti in quantità abbondanti nell’ortaggio. L’elevata dose consigliata settimanalmente di consumo del pomodoro perché si abbia una riduzione del rischio di ammalarsi, comporterebbe un eccessivo apporto calorico invalidandone gli effetti benefici. E’ in questo ambito che un team multidisciplinare di ricercatori italiani ha sviluppato Lycoprozen a base di pomodoro intero e acqua di vegetazione delle olive per il mantenimento del benessere della prostata senza sovraccarico calorico. Stefano Iacobelli - Oncologo Medico - è co-inventore dell’integratore alimentare.
“Abbiamo sviluppato il Lycoprozen mediante un processo innovativo, brevettato, che non utilizza solventi, – precisa Iacobelli - per assicurare un’assunzione ottimale del Licopene presente nel pomodoro intero, inclusi semi e bucce, insieme a polifenoli: olive. Questo implica una efficacia delle raccomandazione preventive del World Cancer Research Fund (WCRF) e dell’American Institute for Cancer Research (AICR). Come tale, il Lycoprozen può ritenersi un functional food e non”.
La prevenzione è possibile e passa da uno stile di vita sano.
In merito all’alimentazione e allo stile di vita, puntualizza la Dottoressa Paola Caminiti, Nutrizionista e Omeopata a Saronno (Va) – E- mail: info@caminitimedicalspa.it “Anche per il tumore della prostata, la prevenzione inizia a tavola. E’ accertato che cibi grassi di origine animale, ma anche alcolici, insaccati, spezie di vario genere e birra siano dannosi per la prostata. Al contrario i pomodori e il suo passato, tè verde, soia e vegetali, broccoli, carote e spinaci, ma anche cipolla, aglio, liquirizia e melograno hanno un effetto protettivo. Si raccomanda inoltre tonno, acciughe e merluzzo, ma anche noci e tuorlo d’uovo che risultano molto ricchi di selenio, elemento che notoriamente rende la prostata meno vulnerabile. Infine il peperoncino (una pianta "miracolosa", dispensatrice di vitamina C e potassio dalle proprietà antibatteriche e antiossidanti): questo è sconsigliato solo nella infiammazione della ghiandola, in tutti gli altri casi potrà essere utilizzato in quanto la capsaicina, contenuta nella buccia, ha un effetto antipertensivo a livello generale, ma anche antitumorale sulla prostata. Fondamentale, quindi, per gli specialisti iniziare la prevenzione proprio dalla tavola”.
Dieta e Movimento
Anche l’attività fisica è considerata come una “terapia giornaliera” per limitare l’impatto dei disturbi urinari causati dall’ingrossamento della prostata. A suggerirlo gli esperti e diversi studi condotti a livello internazionale: sembra infatti che - per gli uomini over 50 - mantenersi in movimento praticando uno sport vero e proprio o anche facendo le scale, uscendo a fare shopping, o le stesse attività “casalinghe”, rappresenti un valido aiuto per ridurre la severità dei sintomi urinari e mantenersi attivi sessualmente. E dello stesso avviso sono le raccomandazioni dell’ “American College of sport medicine”: “Ogni corpo cammini” (every body walk!), consigliando almeno 150 minuti alla settimana di attività fisica. Infatti, con il movimento, si riescono a prevenire più di 40 patologie croniche come diabete, depressione, cancro al colon e al seno, osteoporosi, ipertensione, patologie cardiovascolari, obesità, ansia e deficit erettile.
Per chi soffre di patologie prostatiche bisogna, però, diversificare gli sport: si sconsiglia la bicicletta, l’equitazione e vengono suggeriti il jogging e trekking, attività aerobiche che favoriscono il miglior funzionamento del cuore e dell’apparato respiratorio, il nuoto che migliora significativamente la resistenza allo sforzo e il ritmo della respirazione. In palestra si dovrebbe favorire lo stretching ed esercizi di rilassamento, con attività dedicate al potenziamento dei muscoli, preferendo il tapis roulant alla cyclette in modo da salvaguardare la zona perineale e quindi la prostata.
“Alimentazione sana e attività fisica sono i fattori di rischio modificabili più importanti per impedire lo sviluppo, alterare il comportamento del tumore e arrestarne la progressione – aggiunge Caminiti – In particolare, dati sempre più evidenti suggeriscono che molti elementi della dieta mediterranea possono giocare un ruolo importante nella prevenzione della neoplasia”.
Ipertrofia prostatica benigna
Si tratta dell’ingrossamento della porzione centrale della prostata dovuto ad un aumento numerico delle cellule. Si manifesta dopo i 40-45 anni (e si aggrava con l’invecchiamento) per cause ormonali. L’aumento della porzione ghiandolare centrale porta ad una compressione dell’uretra e ad una deformazione del pavimento della vescica rendendo difficoltosa la minzione. La sintomatologia è caratterizzata dalla necessità di urinare più spesso, a volte con urgenza, dal bisogno di alzarsi di notte per urinare (nicturia), dalla riduzione del getto urinario e dalla sensazione di incompleto svuotamento vescicale. Nel loro complesso, questi problemi, colpiscono circa 7 milioni di italiani e si stima che i sintomi urinari dell’ipertrofia prostatica benigna possano essere presenti fino al 70% dei pazienti affetti da deficit erettile.
“Una corretta alimentazione diventa fondamentale – dice Paola Caminiti - riduce la circonferenza addominale con una dieta ad apporto calorico controllato diminuendo zuccheri, grassi (saturi e polinsaturi) e colesterolo può determinare un rapido miglioramento dei disturbi urinari collegati all’ingrossamento della prostata e della funzione sessuale. “L’alimentazione ottimale da consigliare a chi soffre di iperplasia prostatica benigna e sindrome metabolica – aggiunge Paola Caminiti - deve associare cibi che non favoriscono l’infiammazione cronica ad alimenti a ridotto contenuto di grassi e zuccheri, capaci, quindi, di ridurre l’adiposità localizzata nel giro vita e la glicemia. Una dieta corretta deve prevedere un equilibrato apporto di acidi grassi polinsaturi (omega-3, presenti nel pesce azzurro e in alcuni altri tipi di pesce) e dei loro antagonisti omega-6 maggiormente presenti nei grassi vegetali”. Il 10% dei tumori alla prostata potrebbero essere evitati aderendo alle indicazioni della dieta mediterranea. “Non conta solo ciò che si mette nel piatto – conclude Caminiti – la “dieta mediterranea” deve essere interpretata come uno stile di vita in cui contano anche gli orari regolari dei pasti, le quantità limitate di cibo, il movimento regolare”.
Frutta e verdura per prevenire il tumore della prostata
A rafforzare il ruolo degli effetti benefici di un'alimentazione “all'orientale”, una molecola chiamata Equol, prodotta dall'intestino quando digerisce la soia, sarebbe in grado di bloccare l'azione di un ormone maschile, il DHT, che è collegato all'ipertrofia prostatica, al tumore e alla calvizie. La scoperta spiegherebbe perché i giapponesi, tradizionalmente i più accaniti consumatori di soia, raramente si ammalano di cancro alla prostata. Uno studio ha evidenziato che l’insorgenza del tumore prostatico negli americani nati in Giappone e nei giapponesi di seconda e terza generazione nati in America è influenzato essenzialmente da una dieta ricca di grassi.
Utili anche liquirizia, aglio e cipolla
BHP è invece il nome della molecola estratta dalla liquirizia, capace di combattere e quindi bloccare le cellule impazzite del tumore non solo della prostata, ma anche del seno. In uno studio condotto in 32 Paesi e pubblicato su European Urology è stato evidenziato che anche la cipolla, l'aglio ed i porri, avrebbero effetti benefici e protettivi nei confronti del tumore prostatico.
L’effetto protettivo antiossidante
Numerosi studi hanno dimostrato che licopene, polifenoli (tè verde), isoflavonoidi (soia), micronutrienti quali il selenio, zinco, vitamina E, vitamina D3 hanno effetti positivi sulla protezione delle cellule prostatiche dai radicali liberi, che normalmente originano durante i normali processi metabolici. Questi oligoelementi, singolarmente o in sinergia, oltre ad agire come antiossidanti e “sequestrare i radicali liberi”, sono particolarmente efficaci nell’ostacolare in vitro lo sviluppo delle cellule tumorali.
L’obesità raddoppia le possibilità di ingrossamento della prostata
La sindrome metabolica – che comprende condizioni come il diabete di tipo 2 (quello dell’età avanzata), l’aumento del grasso al girovita, l’ipertensione, l’aumento del colesterolo e dei trigliceridi, la riduzione del testosterone - sembra avere una influenza sul comparire della iperplasia prostatica benigna, ossia l’ingrossamento della prostata e dei sintomi urinari negli uomini over 50. Gli esperti ritengono, inoltre, che la sindrome metabolica sia correlata anche a una condizione di infiammazione cronica che colpirebbe, in maniera diversa, sia l’organismo nel suo insieme, sia la ghiandola prostatica, potendo essere responsabile di sintomi urinari più marcati.
Le cause del tumore prostatico
E’ stata accertata una predisposizione genetica ereditaria, per cui la neoplasia può manifestarsi in più persone della stessa famiglia, mentre è stato osservato che fattori ormonali influenzano lo sviluppo dello stesso tumore. Fondamentale quindi per gli specialisti iniziare la prevenzione proprio a tavola in quanto, numerosi studi, e non solo di laboratorio, hanno definitivamente accertato che cibi grassi favoriscono l’insorgenza del tumore prostatico, pomodori, tè verde, soia e vegetali, cipolla, aglio, liquirizia e melograno avrebbero invece un effetto protettivo. Sembra infatti che l’alimentazione rappresenti il principale fattore ambientale in grado di influenzare la crescita e la progressione del tumore della prostata. Nei Paesi asiatici, dove la dieta è ricca di proteine vegetali, ortaggi, e proteine di soia, ma povera di proteine e di grassi di origine animale, c’è una bassa incidenza di tumori della prostata. Si stima invece che un terzo dei decessi per tumore nei paesi sviluppati possa essere attribuito proprio alla nutrizione in età adulta.
Una neoplasia sempre più diffusa
La prostata è una ghiandola grande quanto una noce posta al di sotto della vescica. La sua funzione è quella di produrre il liquido prostatico, importante componente del liquido seminale, che contribuisce a garantire vitalità e motilità agli spermatozoi. L’adenocarcinoma della prostata è il secondo tumore più frequente nell’uomo e la seconda causa di morte. Questa neoplasia è rara negli individui con meno di 40 anni e aumenta progressivamente con l’età. Negli stadi iniziali il tumore è confinato alla ghiandola, può rimanere senza sintomi e non essere diagnosticato per anni poiché la sua crescita è molto lenta, talora così lenta da non alterare le normali aspettative di vita. Alcuni tumori prostatici possono essere invece molto aggressivi e diffondersi velocemente ad altre parti del corpo (soprattutto linfonodi e le ossa): in questi casi una diagnosi precoce ed un trattamento adeguato sono di vitale importanza per determinare la strategia di trattamento più appropriato.
L’indicatore di possibili malattie alla prostata
È stato calcolato che un uomo, nel corso della vita, presenta un rischio di sviluppare un carcinoma prostatico pari a circa il 15%. L’attribuzione delle categorie di rischio avviene solamente sulla base del PSA (Antigene Prostatico Specifico) e dei risultati della biopsia prostatica, che è il mezzo diagnostico per eccellenza. L’invecchiamento rimane la causa principale di rischio. Essendo la malattia eterogenea per gravità di decorso clinico è essenziale non solo una diagnosi precoce, ma anche ad un esatto inquadramento clinico, per il quale, tuttavia, non sono ancora disponibili criteri convalidati. L’uso della misurazione del PSA per la diagnosi precoce, pur essendo ancora oggetto di discussione, rimane la “porta di entrata” nel percorso diagnostico terapeutico che tuttavia non infrequentemente è penalizzato da trattamenti derivanti da sovra diagnosi.
La chirurgia robotica
Introdotta nel 2000, rappresenta in USA circa il 70% degli interventi per rimozione di tumori confinati nella prostata. Le esperienze accumulate, anche in Italia, in differenti Centri su numerosi pazienti indicano che questa chirurgia è vantaggiosa rispetto alla chirurgia convenzionale nel ridurre al minimo gli effetti collaterali. La rimozione della prostata con la chirurgia tradizionale molto spesso comporta sì la guarigione dal tumore, ma anche la comparsa di incontinenza e di disfunzione erettile connessi rispettivamente al danneggiamento dello sfintere che trattiene l’urina e a quello dei nervi. L’avvento della chirurgia robotica ha rivoluzionato il trattamento chirurgico del tumore alla prostata garantendo una maggiore qualità dell’intervento e una notevole riduzione delle complicanze. Grazie alla maggiore capacità di visione del campo chirurgico e all’estrema precisione dei movimenti, l’intervento in chirurgia robotica consente di ottenere risultati migliori della tradizionale chirurgia a cielo aperto, soprattutto in quelle che sono le complicanze più frequenti. I rischi di riportare danni sia allo sfintere urinario sia ai nervi sono più che dimezzati rispetto alla chirurgia a cielo aperto: tra l’1 e il 3 per cento dei pazienti operati con robot soffre di incontinenza a un anno dall’intervento e meno del 30 per cento ha problemi di erezione. Inoltre i tempi di recupero sono più veloci. Il paziente lascia l’ospedale il giorno seguente all’intervento, può rimuovere il catetere dopo una sola settimana (a fronte delle due-tre della chirurgia tradizionale) e dopo due settimane può tornare al lavoro.
L’integratore alimentare
100% naturale, a base di pomodoro intero e acqua di vegetazione delle olive, ricco in licopene e polifenoli. Lycoprozen, integratore alimentare, svolge un’importante azione protettiva sulla salute della prostata. Sviluppato da un team multisciplinare, interuniversitario di ricercatori italiani che hanno trovato lo slancio da studi sperimentali che inseriscono il pomodoro nella categoria dei “cibi funzionali” per l’alto contenuto di antiossidanti (licopene). Le proprietà benefiche e protettive raggiungono i massimi livelli quando l’ortaggio cotto, “made in Italy”, è combinato con i polifenoli delle olive. I più recenti risultati epidemiologici dimostrano che il mantenimento del benessere della prostata mediante il consumo di pomodoro, è dose dipendente. Lycoprozen consente di aderire facilmente alle raccomandazioni dietetiche dell’American Institute for Cancer Research (AICR).